Ho sempre pensato che anche le uova di Pasqua inquinano, con il loro imballaggio, ma mi sono sempre ben guardata dal fare terrorismo con mia figlia per non rovinarle la sorpresa ma anche perché, in fondo, sono un' eco - ottimista e le pre -annunciate eco - tragedie apocalittiche rinvenibili nelle terzine di Nostradamus sono smitizzabili: per cui, a mio avviso, le eco bufale continuano ad essere casearie quadrupedi che ruminano erba incontaminata, in un ambiente naturale attraversato da un fiume che modella un paesaggio collinare idilliaco.
Ritornando alle uova pasquali ed al loro imballaggio, inquinano non c'è che dire; per quanto tu voglia differenziare il bicchierino e l'uovo che custodisce la preziosa sorpresa nella plastica, il rivestimento di cartone nella carta e l'involucro luccicante nel bidone del....a proposito alzi la mano chi non si sia mai chiesto: dove c.... va? Io l'ho visto un po ovunque ed un po mi dispiace che ancora non riesca a trovare una sua collocazione nella società. C'è chi lo mette nella carta, chi nella plastica.
In realtà si tratta di un poliaccoppiato con uno strato plastico di polipropilene che non è neppure riciclabile, per cui sarebbe un errore metterlo nella raccolta differenziata insieme ai fogli di alluminio che si usano in cucina.
In realtà si tratta di un poliaccoppiato con uno strato plastico di polipropilene che non è neppure riciclabile, per cui sarebbe un errore metterlo nella raccolta differenziata insieme ai fogli di alluminio che si usano in cucina.
Secondo una rilevazione di Confartigianato del 2008, nei giorni che precedono la Pasqua sono stati venduti circa 48.000 quintali di uova di cioccolato: considerando una media di 500 grammi per uovo si arriva a 9 milioni e 600 mila uova di pasqua vendute. Il poliaccoppiato che avvolge il dolciume pesa 30 grammi al metroquadro. Stimando per difetto in un metroquadro la carta necessaria per imballare un uovo da 500g, ne risultano 288.000 kg di poliaccoppiato non riciclabile (e quindi destinato all'incenerimento) prodotto ed immesso sul mercato.
Sembra quindi che l'unico agnello sacrificale pasquale sia proprio l'ambiente.
Per non parlare della sorpresa: spesse volte è un gadget inutile, rindondante, fortemente impattante e di scarsa qualità, la cui probabilità di finire nel dimenticatoio/discarica dei nostri figli, è altissima.
Stamattina (a proposito, Buona Domenica delle Palme) mia figlia apre il suo primo uovo di Pasqua della stagione. E' l'uovo delle principesse Disney, in vendita nella grande distribuzione, a marchio Nestlè. E' un uovo standard altamente inquinante, quindi: foglio di poliaccoppiato, bicchierino e custodia per la sorpresa. Tuttavia mi colpisce sulla fascetta di cartone una minuscola scritta (ma perché così piccolo, avete paura di dare eco - consigli?) ecoidee.
Ed in effetti la grande trovata eco - geniale di Nestlè è stata quella di stampare sul retro della fascetta di cartone una sagoma di Biancaneve da ritagliare e colorare per dare una nuova chance alla fascetta, prima di finire, nella raccolta differenziata.
Ed in effetti la grande trovata eco - geniale di Nestlè è stata quella di stampare sul retro della fascetta di cartone una sagoma di Biancaneve da ritagliare e colorare per dare una nuova chance alla fascetta, prima di finire, nella raccolta differenziata.
Una chance di rimanere in vita altri dieci minuti: giusto il tempo di scrivere testamento? No, il tempo medio che impiega un bambino per colorare e ritagliare. Ma intanto la fascetta di cartone si presenta già in uno stato avanzato di rigor mortis.
Premesso che l'iniziativa è lodevole, seppur timida, è anche vero che da una multinazionale ci si aspetta di più in materia di tutela ambientale, ma come cantavano Morandi, Ruggieri e Tozzi, si può dare di più per il nostro ambiente, si può osare di più senza essere eroi; quindi lungi dal fregiare la Nestlè della medaglia d'oro al valor ambientale, prospettiamo e suggeriamo per la Pasqua ventura scenari di sostenibilità certamente più favorevoli ed incisivi.
Un'altra riflessione che mi sovviene, invece, è che, da sempre, sono fermamente convinta che il grosso potenziale per fare della variabile ambientale un' arma di competizione sul mercato, ce l'hanno le piccole e medie imprese. Marchi meno noti a livello globale, ma che spesso sono una felice nicchia di mercato in contesti locali e regionali, possono farsi promotori di vere e proprie strategie ambientali, forse proprio grazie alla loro capacità di percepire le variabili, di interagire con l'ambiente esterno, adattandosi in funzione delle sue domande.
In tema, è il caso dell'azienda Giampaoli di Ancona, un'azienda specializzata nella produzione di biscotteria, panettoni, torroni, uova pasquali, colombe e gelati che lancia sul mercato il primo uovo di Pasqua ecologico e biologico insieme.
“L’attenzione dei consumatori verso la sostenibilità ambientale è sempre più accentuata – spiega Giampaolo Giampaoli, titolare dell’omonima azienda -, sia per quanto riguarda la provenienza del cibo che viene messo in tavola, sia per quanto riguarda lo smaltimento e il riciclo delle confezioni. Perciò abbiamo inventato un uovo sostenibile al 100%. Prima abbiamo selezionato la cioccolata certificata biologica. La pasta di cacao, lo zucchero di canna e il burro di cacao di cui è composta sono tutti e tre certificati biologici al 100%. Tutto il resto, gli incarti, le etichette, le sorprese contenute all’ interno, i sostegni delle uova e gli imballi esterni per il trasporto, sono totalmente ecologici e riciclabili. Abbiamo voluto dare un piccolo segnale in tal senso e contribuire anche noi, per quanto possiamo, alla salvaguardia del pianeta”.
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