venerdì 29 aprile 2011

Il royal wedding di William e Kate: e vissero felici ed eco contenti


È fatta! Finalmente si sono detti sì davanti a due miliardi di persone che li hanno seguiti in diretta Tv o affollando i siti web tanto da mandare addirittura il traffico in tilt. Se ne parlava da mesi e, se fossi stata una inguaribile sognatrice, avrei potuto immedesimarmi nella favola moderna della Cenerentola della middle – class inglese; diversamente, da fashion addicted avrei potuto esprimere il mio giudizio sul cappellino a metà strada tra il cesto gastronomico e l'oggetto volantedella madre di Kate, sulla mise stile banana senza bollino della Regina o sul cappellino a forma di liquirizia di Victoria Beckham. Invece sono un’ eco – blogger e quindi non posso esimermi dal non indagare sugli aspetti ecologici di quest’evento: per cui mi sono messa al lavoro e dopo accurata documentazione sul web, ho estrapolato alcune eco – notizie interessanti. L’aplomb inglese sintetizza queste notizie e rende queste nozze ancora più invidiabili proprio perché meno inquinanti di quanto si possa pensare.
Su consiglio di papà Carlo, i due sposini hanno optato per un menu a base di cibi biologici: ma si sa, la passione del principe di Galles per l’ecologia è cosa ben nota visto che negli ultimi anni si è fatto promotore di diverse iniziative, tra cui anche l’istituzione della “Prince’s Foundation for built environment”. Trattasi di un vero e proprio menu a chilometri zero, fatto di prodotti locali, non esotici e di stagione. Bravi William e Kate: azzeccata scelta di ecostile. Bisognerebbe imitarli anche noi nel privilegiare il prodotto tipico locale anche per combattere il caro prezzi (che ci lamentiamo a fare se compriamo fagiolini a 8,99 euro al chilo per il cenone di Natale?). Il menù è stato stampato su carta riciclata con certificazione forestale.

Altro elemento, che avrebbe scatenato il gossip più spietato dei tabloid inglesi (e non solo) è stato stroncato sul nascere da una scelta di ecostile: i regali di nozze.
William e Kate hanno optato per rinunciare ai regali (ma và, avrebbero mica avuto bisogno della lavatrice a risparmio energetico che è invece massima ambizione della casalinga di Voghera?) a favore di donazioni per fondazioni ed associazioni benefiche (non solo a fine ecologico), tra cui la Zoological Society di Londra che si preoccupa di salvare rinoceronti neri, specie di tigre in via di estinzione, la foresta africana e gli elefanti asiatici.

Il Telegraph ha pubblicato un calcolo approssimativo delle emissioni di Co2 della giornata, che ammonterebbero al totale prodotto in un anno intero da Buckingham Palace.
Ovviamente c’è da sottolineare che tale insulto ambientale non è direttamente imputabile a William e Kate (che tra l’altro si sono spostati prevalentemente in carrozza) ma ai circa 2000 invitati che si sono mossi in aereo o automobile e alle migliaia di curiosi e simpatizzanti che hanno affollato Londra anche nei giorni precedenti.
Usciamo un attimo dalla favola (anzi usciamoci per sempre visto che a quest’ora – 23 e 20 del 29 aprile 2011  “e vissero felici e contenti” sarà stato già pronunciato) e vediamo come rendere nella realtà più ecologiche le feste di nozze.

Marina Marcout e Inès Matsika hanno compilato una guida Organiser son mariage vert, dando alcuni consigli davvero suggestivi. Nessun momento della cerimonia è trascurato a partire dal ricevimento che si organizza in fattoria o in agriturismo con un menu che contempla prodotti biologici, freschissimi e di stagione preparati seguendo le ricette tipiche locali. Ad ogni invitato è consegnato un sacchetto per portare via avanzi di cibo buono che altrimenti verrebbe buttato e che invece può essere gustato il giorno dopo.
È preferibile scegliere i luoghi del matrimonio (chiesa o municipio e locale per il ricevimento) vicini per spostarsi in modo sostenibile a piedi oppure in sharing ossia condividendo l’automobile con gli altri invitati. Se il numero di invitati è elevato è preferibile noleggiare un autobus.
La sposa e lo sposo possono scegliere tra una varietà di abiti sostenibili. Alcune sartorie propongono abiti con stoffe certificate biologiche, ma il massimo della sostenibilità sarebbe farsi prestare o noleggiare l’abito oppure rivisitare qualche capo vintage con decorazioni ed accessori. Chi non vuole rinunciare all’ecogriffe proprio nel giorno più importante della propria vita, il panorama della moda internazionale è pieno di nomi famosi: tanto per citarne alcuni, Igam Ussaro, stilista di talento, propone abiti ricavati da biopolimeri e una intera collezione dedicata alle spose; Alta Rosa, invece, è una sartoria d’alta moda che nasce in Toscana, tra le vigne del Chianti e le terre arse della Maremma. Realizza in maniera artigianale, con attenzione ai particolari, abiti da sposa con materiali naturali, soprattutto canapa.
Per le partecipazioni è possibile scegliere la carta riciclata, ma meglio ancora usare l’e-mail. Ogni foglio stampato è un peso sull’ambiente in termini di abbattimento delle foreste e produzione di anidride carbonica. Il consumo di carta è una preoccupazione dei futuri ecosposi anche per i menu che possono essere stampati su carta riciclata e per le fotografie. Per queste ultime un’alternativa è realizzare, con costi sicuramente più contenuti un cd rom da regalare ai convenuti.
Per le bomboniere un’alternativa solidale è quella di preferire oggetti artigianali prodotti a mano nelle case famiglia, nelle carceri; oppure possono essere scelti oggetti realizzati con materiale di recupero.
Persino il momento più romantico della cerimonia nuziale, lo scambio delle fedi, può essere ecocompatibile. Purtroppo oro, diamanti e pietre preziose provengono da aree sottosviluppate  in cui le condizioni lavorative sono spesso clandestine e i diritti umani sono violati: ma le certificazioni Conflict – free diamonds Council garantiscono l’eticità dei diamanti.
Anche qui William si è distinto: di certo il papabile erede al trono non poteva scegliere della bigiotteria, e così ha optato per lo stesso anello con zaffiro e diamanti che suo padre diede a sua madre per chiederle di sposarla. Ma un riciclo così british style è concesso solo a William: se una cosa del genere la facesse un Pino dei Palazzi, la sposa sarebbe autorizzata a scappare a gambe levate.


Quale crescita per il pianeta? Ci risponde Tim Jackson

Tim Jackson, economista e saggista inglese, consigliere per la sostenibilità presso la Commissione per lo Sviluppo Sostenibile del governo britannico nonché docente di Sviluppo Sostenibile presso l'Università del Surrey, ha pubblicato, per Edizioni Ambiente un eccellente saggio dal titolo "Prosperità senza crescita. Economia per il pianeta reale" (titolo inglese Prosperity without Growth: Economics for a Finite Planet), con prefazione di Carlo Petrini, Herman Daly e Bill McKibben
Il testo propone alcune vie di uscita sugli aspetti della gestione economica delle piccole comunità così come su quella macroeconomica di tutto il pianeta.
La tesi sostenuta dall’ autore è che non è vero che per essere più felici bisogna essere più ricchi. Jackson ci propone un modello di economia che sia socialmente e psicologicamente sostenibile, in cui la parola crescita economica sia associata a quella di felicità e di  protezione dell’ambiente.
Il libro è stato presentato presso la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo a Torino: Tim Jackson è partito dalla considerazione che sul pianeta siamo attualmente 6,8 miliardi e la previsione è il raggiungimento di 9 miliardi entro il 2050. Se immaginiamo che tutti aspirino a uno stile di vita occidentale con un aumento di reddito pro capite del 2% all'anno, un sistema che voglia mantenere le emissioni a un livello sostenibile dovrebbe raggiungere un grado di efficienza energetica tale da portare a una riduzione delle emissioni del 130% rispetto ai tassi attuali. Pensare che si possano raggiungere questi risultati significa avere una fede quasi "magica" nella tecnologia. 
Ma anche ammesso che questo fosse possibile è giusto chiedersi: è proprio questo che vogliamo? 
Le ricerche mostrano che una volta soddisfatti i bisogni primari la felicità delle persone non cresce proporzionalmente al reddito e che l'aspettativa media di vita non è più alta in paesi dalle economie altamente sviluppate: negli Stati Uniti è addirittura inferiore a quella del Costa Rica che di certo non ha lo stesso reddito pro-capite. E allora bisogna domandarsi perché continuiamo a perseguire un sistema che ci porta a: "spendere soldi che non abbiamo, per comprare cose che non ci servono per fare impressione su persone delle quali in realtà non ci importa nulla". Questo, ha spiegato Jackson, ci porta a riflettere sulla natura umana che, come ci mostrano migliaia di esempi quotidiani, non è mossa da motivazioni unicamente egoistiche. L'uomo è, piuttosto, un animale sociale portato per natura a occuparsi e preoccuparsi per il prossimo. I comportamenti egoistici sono una caratteristica evolutiva dell'individuo e innato è il suo interesse per la novità e il suo bisogno di nuovi stimoli, mete e obiettivi. Altrettanto forti sono però nell'uomo le spinte altruistiche e la predisposizione verso la tradizione e la stabilità.
Per uscire dal meccanismo che ha portato la specie umana sull'orlo dell'autodistruzione e muoversi verso un futuro realmente prospero bisogna che l'uomo recuperi la profondità e lacomplessità della propria natura, rivalutando il lato che è stato sacrificato alla logica consumistica. La prosperità è un concetto che va al di là del benessere puramente materiale, ma contiene in sé una serie di valori che trascendono: il materialismo.
Jackson ha poi brevemente illustrato quale può essere il modello economico che può sottrarci alla logica della crescita e del consumo illimitati, parlando in particolare della necessità di ridurre gli orari lavorativi per limitare la disoccupazione e di rivalutare la ‘Cenerentola' dell'economia, ossia il settore dei servizi. Ha poi accennato all'importanza delle nascenti imprese eco, dei green jobs, e  degli investimenti etici ed ecologici.


(fonte: www.educazionesostenibile.it)




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giovedì 28 aprile 2011

ANTARTIDE: sterminata memoria ambientale del pianeta

Sul Corriere dell'Università (marzo 2011) leggo un articolo interessante ed allo stesso tempo preoccupante.

Nuova pagina del blog: eco recruitment

Vi invito a visitare la nuova pagina "Eco recruitmentdel mio blog dove troverete annunci di lavoro, formazione, stage e tirocini sulle cosiddette carriere verdi, le nuove opportunità occupazionali derivanti dall'ambiente.
Per chi volesse inviarmi annunci, di domanda e di offerta di lavoro, li pubblico gratuitamente.

Infoline: ecocoach@email.it

lunedì 25 aprile 2011

15 e 16 Maggio 2011: è tempo di votar.

Il 15 e 16 Maggio 2011 si rinnovano i consigli comunali ed i Sindaci di tantissime città italiane. Sono 1310 i comuni italiani che andranno al voto nelle elezioni amministrative del 2011, e tra questi, 11 le città che vantano una popolazione superiore a 100.00 abitanti: Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste, Ravenna, Cagliari, Rimini, Salerno, Latina e Novara. 

Anche le elezioni "sbarcano" sul mio blog perché, neanche a dirlo con una frase ben fatta e di effetto, anche la campagna elettorale è un'attività antropica con notevoli effetti inquinanti.

Furgoni con cartelloni pubblicitari che viaggiano continuamente in città per farsi campagna elettorale contribuendo a congestionare il traffico, migliaia di volantini abbandonati in strada: sono solo alcuni degli effetti a danno dell'ambiente della campagna elettorale. A ciò si aggiunge un incremento degli spostamenti in automobile per seguire comizi, presenziare tavole rotonde, affissioni selvagge, inquinamento acustico provocato da megafoni ed altoparlanti.
Per non parlare del fatto che nei programmi elettorali la sostenibilità ambientale sembra ancora un tabù e non rientra affatto tra le priorità.
Ed una volta eletti? Una volta eletti, seppur abbiano fatto durante la campagna elettorale il minimo cenno alle esigenze dell'ambiente, i nostri politici, dimenticano del tutto.
Secondo una recente ricerca di AzzeroCo2 solo in auto blu e voli di Stato, la classe politica italiana consuma la stessa quantità di energia che serve per i consumi di due terzi della Valle d’Aosta. Singolarmente, la testata francese Terra Eco ha classificato Obama il presidente degli Stati Uniti, come il politico che inquina di più: questo a causa dei suoi numerosi viaggi in aereo, per una produzione totale di 20.000 tonnellate di Co2.
In un articolo apparso su Panorama nell'ottobre 2008, che pubblica in esclusiva uno studio sulle professioni ed i mestieri più inquinanti, il politico è in cima alla classifica per le notevoli emissioni di anidride carbonica anche se non mancano alcune eccezioni.

C’è chi, come Paolo Cirino Pomicino, per amore dell’ambiente si è ridotto al lumicino. Deputato di lungo corso fin dai tempi della Prima repubblica e per anni europarlamentare a Strasburgo, fa subito ammissione di colpa: “Chi svolge attività politica, manageriale o commerciale, per forza di cose, produce più emissioni di anidride carbonica perché viaggia moltissimo. Io, per esempio, ho fatto tutta la vita avanti e indietro fra Roma e Napoli in auto”. Ma, tiene a precisare, i conti li pareggia in casa: “Ho una compagna molto più giovane di me, Lucia, che è sensibilissima sul tema. Usa gli elettrodomestici con parsimonia e l’elettricità con il contagocce. Al punto che mi sono autoregalato una pila elettrica per girare in casa” racconta Pomicino un po’ divertito.

Anche più spartana la sua collega Emma Bonino, che negli anni ha percorso più chilometri in cielo che in terra, essendo stata parlamentare a Roma e a Strasburgo, commissario europeo a Bruxelles, due volte ministro e ora senatore. “Avendo una casa con le mura spesse 50 centimetri, non accendo quasi mai il riscaldamento” racconta Bonino. “Da anni ho messo i doppi vetri e uso solo lampadine a basso consumo”.


E' evidente che anche la classe politica ha bisogno di essere condotta sulla retta via della sostenibilità: soprattutto mi chiedo, perché essa non venga considerata come elemento di appeal della propria campagna elettorale, come innovativa strategia per condividere con i propri elettori le sorti dell'ambiente e delle sue eccellenze.

DECALOGO PER UNA CAMPAGNA ELETTORALE AD IMPATTO ZERO

1) privilegiare i volantini on demand scaricabili e stampabili direttamente dagli elettori;
2) raggiungere comizi e tavole rotonde con i mezzi pubblici;
3) limitare l'uso dei furgoncini pubblicitari;
4) limitare l'uso di megafoni ed altoparlanti;
5) utilizzare carta riciclata e inchiostri non tossici per i volantini ed i manifesti;
6) limitare l'uso di fari, lampioni per illuminare i comizi all'aperto ed usare fonti rinnovabili;

7) non favorire le affissioni abusive di manifesti;

8) se i comizi prevedono anche banchetti, cene e buffet privilegiare prodotti locali e ricette locali;

9) durante le tavole rotonde utilizzare acqua potabile del rubinetto invece dell'acqua minerale;
10) privilegiare spostamenti pedonali o in bicicletta nel centro storico. Se proprio non si può fare a meno dell'automobile, usare auto elettriche.

DARE PER PRIMI L'ESEMPIO: COMPORTAMENTI ECO VIRTUOSI SONO POSSIBILI ANCHE NELLE PICCOLE COSE QUOTIDIANE!


Quanto inquina il politico

Pasquetta sostenibile

La settimana scorsa vi ho lasciato con un post che, lungi dall'essere eco catastrofico, quanto meno informava sul potenziale carico inquinante delle Uova di Pasqua e soprattutto del loro imballaggio. L'intento era chiaramente formativo ed informativo, lasciando ai bambini la gioia dell'uovo di cioccolato, l'entusiasmo per le sorprese ed ai genitori la condivisione del momento gaudioso con la propria prole e la responsabilità di separare correttamente gli imballaggi (foglio di propilene, fascetta di cartone, ecc) e soprattutto di insegnare ai propri figli a farlo. 
Questa settimana vorrei parlarvi della tradizionale gita fuori porta di Pasquetta, che spesso porta un eccessivo carico antropico ed inquinante in luoghi di pregio ambientale e culturale. Va da sé che la vocazione ricreativa e turistica di alcuni luoghi costituisce un’importante risorsa per le economie locali; ma è altrettanto vero che l’accesso avviene purtroppo spesso con l’esclusivo uso di autoveicoli privati, determinando problemi  d’inquinamento e di sicurezza che gravano sulle popolazioni locali e su ambienti ed ecosistemi naturali con caratteristiche di elevata sensibilità. 
Un traffico veicolare molto concentrato  in giorni di festa, un aumento del volume di rifiuti e emissioni inquinanti atmosferiche e acustiche possono comportare anche una notevole perdita di qualità dell’offerta turistica percepita dai visitatori che raggiungono località di grande valore ambientale, paesaggistico e culturale.

Alla luce di questo, vi propongo un decalogo di piccoli ma utili suggerimenti per rendere meno impattante la propria Pasquetta, per rispettare i luoghi che vi ospitano e per godervi la libertà di questa giornata rispettando l'ambiente!



DECALOGO PER UNA PASQUETTA SOSTENIBILE

1) Razionalizzare gli spostamenti motorizzati. Se possibile, preferire mete raggiungibili con i mezzi pubblici;
2)Non abbandonare mozziconi di sigarette nell'ambiente. Oltre al pericolo di incendi, i mozziconi di sigaretta, sono pericolosi per l’ambiente e per la salute quanto i rifiuti industriali;
3) Prima di uscire di casa controllare tutti gli elettrodomestici (televisione, lavatrice,stereo,decoder, computer) e spegnerli. Lo stand -by consuma e quindi inquina;
4) Portare con  piatti, bicchieri e posate di plastica biodegradabile;
5) Rispettare la flora e la fauna del luogo: non strappare fiori, non calpestare aiuole, non emettere rumori molesti che possono spaventare gli animali. Alcuni uccelli nidificano in questo periodo e non possono essere disturbati nel loro habitat;
6) Scegliere menu locali a base di prodotti tipici e ricette regionali. Scegliere prodotti " a chilometri zero", prodotti in zona: meno chilometri fanno, meno inquinano;
7) Rispettare usi, costumi, tradizioni ed identità delle comunità ospitanti;
8) Utilizzare per videocamere e macchinette fotografiche pile ricaricabili;
9) Portare con  un adeguato numero di sacchetti per differenziare i rifiuti prodotti. Non abbandonare nell'ambiente i rifiuti: se non è possibile in loco utilizzare cassonetti, portare i rifiuti con  e smaltirli a casa;
10) Ridurre al minimo l'utilizzo dell'automobile in loco: preferire biciclette e spostamenti a piedi.


Pasquetta sostenibile




DECALOGO PER UNA PASQUETTA SOSTENIBILE


1) Razionalizzare gli spostamenti motorizzati. Se possibile, preferire mete raggiungibili con i mezzi pubblici;
2)Non abbandonare mozziconi di sigarette nell'ambiente. Oltre al pericolo di incendi, i mozziconi di sigaretta, sono pericolosi per l’ambiente e per la salute quanto i rifiuti industriali;
3) Prima di uscire di casa controllare tutti gli elettrodomestici (televisione, lavatrice,stereo,decoder, computer) e spegnerli. Lo stand -by consuma e quindi inquina;
4) Portare con  piatti, bicchieri e posate di plastica biodegradabile;
5) Rispettare la flora e la fauna del luogo: non strappare fiori, non calpestare aiuole, non emettere rumori molesti che possono spaventare gli animali. Alcuni uccelli nidificano in questo periodo e non possono essere disturbati nel loro habitat;
6) Scegliere menu locali a base di prodotti tipici e ricette regionali. Scegliere prodotti " a chilometri zero", prodotti in zona: meno chilometri fanno, meno inquinano;
7) Rispettare usi, costumi, tradizioni ed identità delle comunità ospitanti;
8) Utilizzare per videocamere e macchinette fotografiche pile ricaricabili;
9) Portare con  un adeguato numero di sacchetti per differenziare i rifiuti prodotti. Non abbandonare nell'ambiente i rifiuti: se non è possibile in loco utilizzare cassonetti, portare i rifiuti con  e smaltirli a casa;
10) Ridurre al minimo l'utilizzo dell'automobile in loco: preferire biciclette e spostamenti a piedi
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giovedì 21 aprile 2011

La presente proposta progettuale è anche il risultato di un’analisi dei fabbisogni e valutazione della formazione del personale che l’azienda ha posto come priorità per il miglioramento continuo delle proprie prestazioni professionali.
Ciò anche in considerazione della sempre continua attenzione all’ interazione tra domanda e offerta di lavoro: il tema dei fabbisogni formativi e professionali, in azienda, ha da sempre rappresentato un nodo strategico. un nodo critico. La progettazione dell’intervento formativo, pertanto, è scaturita dall’analisi della domanda formativa da parte della forza lavoro imprenditoriale.
Specificatamente, l’azienda da sempre, ha strutturato il proprio ciclo formativo in più fasi:
1.      Individuazione dei bisogni
2.      Programmazione degli interventi
3.      Valutazione della qualità delle azioni formative e dei risultati ottenuti.
Come è evidente dall’organigramma aziendale e dal profilo professionale delle risorse umane (allegare un organigramma e una piccola descrizione per ciascuno dei dipendenti), l’azienda fruisce di un patrimonio umano di eccellente qualità, soprattutto in considerazione della forza lavoro femminile che gioca un ruolo fondamentale in azienda,essendo una forza lavoro di elevato profilo.
Nell’individuazione dei fabbisogni formativi del personale si è proceduto a far convivere azioni più tradizionali con iniziative più strutturate, nate dall’esigenza di dotarsi in modo più solido delle informazioni indispensabili per prendere decisioni sulla formazione. Un attento monitoraggio della domanda formativa è stato effettuato attraverso i seguenti strumenti di misurazione:
-          Interviste ai dipendenti
-          Questionari somministrati ai dipendenti
-          Focus group tra i dipendenti
Le informazioni ricevute sono state incrociate con altre indicazioni provenienti dai responsabili di settore, nonché con alcune dinamiche esterne all’organizzazione, delle quali si è cercato di coglierne le istanze innovative, e pertanto  si è tentato di elaborare un piano formativo non selettivo, ma che tendesse ad implicare tutti i livelli professionali, che rispondesse alle esigenze comuni del personale evitando bisogni formativi insoddisfatti.
La richiesta che è venuta fuori riguarda una richiesta formativa specifica relativa ad inglese ed informatica ma non nella loro componente tecnico – specialistica, ma piuttosto nella loro componente innovativa, in termini di e- government, poiché tutti i dipendenti sentono il bisogno di recuperare un gap in ordine ad alcune competenze specifiche che permetterebbero di fronteggiare le dinamiche della competitività anche internazionale delle imprese, in considerazione di un mercato in cui le sempre più veloci trasformazioni indotte dalla tecnologia e dalla business communication hanno modificato il modo di lavorare, i tempi e gli obiettivi.
A tali specifiche richieste si aggiunge un corpo formativo necessario e relativo alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Esso si presenta come un fabbisogno formativo necessario non soltanto per rispondere alle esigenze del bando in oggetto, ma anche perché lo  scenario socioeconomico europeo, con lo sviluppo della complessità delle professioni e con l’aumentare dei costi per gli infortuni e per le malattie professionali che incidono sull’economia della Comunità Europea, ha richiesto un miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza. Il nuovo concetto di salute è rappresentato da uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. La rilevanza e l’attualità di quest’orientamento sono state ribadite nella nuova strategia UE 2007-2012 che propone un rilancio del concetto di benessere nei luoghi di lavoro e disciplina le attività in tre direttrici principali:
• Osservazione dei rischi;
• Ambiente di lavoro;
• Comunicazione e promozione.
Affinché si possa promuovere e radicare la cultura del benessere a livello d’impresa è necessario utilizzare un approccio olistico con lo sviluppo di politiche e norme, l’individuazione degli standard di buone prassi, il favorire accordi per una strategia comune incentivando il dialogo sociale tra i vari stakeholders, tradizionali e non tradizionali, inglobando il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa interna.
È intenzione programmatica dell’azienda, infatti, quella di far seguire all’intervento formativo, per evitare che esso sia slegato rispetto agli obiettivi strategici aziendali di lungo periodo, un impegno  concreto nell’individuazione di buone prassi, ossia “soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro.
La partecipazione attiva dei dipendenti rappresenta un esempio di buona pratica, per favorire l’individuazione, la valutazione e la gestione di tutti i rischi con il coinvolgimento degli stakeholders: le parti sociali, datoriali, professionali e gli organismi sindacali.
Il confronto e lo scambio tra le parti è lo stimolo per giungere al miglioramento del clima organizzativo che influenza le condizioni di benessere del singolo lavoratore, del gruppo e dell’organizzazione. La partecipazione rappresenta un orientamento che favorisce da un lato la dimensione della coesione sociale e dall’altro aumenta la produttività, riducendo i costi relativi alla salute e alla sicurezza nell’azienda.
L’intervento formativo così elaborato è orientato a rimuovere quei fattori critici che condizionano la gestione  delle attività formative:
(1)  Scarsità di risorse finanziarie messe a disposizione;
(2)  Difficoltà per i dipendenti a conciliare la formazione con impegni di lavoro o esigenze familiari;
(3)  Scarso ruolo assegnato alle politiche formative;
(4)  Difficoltà a reperire sul mercato servizi formativi tarati sulle esigenze dell’azienda;
(5)  Ridotto interesse dei dipendenti;
(6)  Difficoltà ad orientarsi tra più piani formativi;
(7)  Prevalente ruolo della formazione come strumento di incentivazione e progressioni di carriera;
(8)  Difficoltà a programmare obiettivi gestionali in rapporto  alle esigenze formative.

Una volta che l’intervento formativo sarà terminato, l’azienda procederà ad una valutazione dell’efficacia della formazione, che, d’altronde, è di supporto al processo formativo stesso, per garantire coerenza tra i piani di formazione e la rispondenza ad obiettivi  e prestazioni.
La valutazione sarà effettuata secondo delle modalità indicate nell’allegato B, parte integrante del progetto.
L’attività di monitoraggio porterà i seguenti benefici in azienda:
-          Miglioramento dell’efficacia, efficienza e profittabilità dell’attività formativa;
-          Facilitazione dei miglioramenti di performance delle risorse umane;
-          Trasferimento delle competenze sul lavoro;
-          Aumento della credibilità della funzione formativa.
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domenica 17 aprile 2011

Le Uova di Pasqua e l'ambiente

Ho sempre pensato che anche le uova di Pasqua inquinano, con il loro imballaggio, ma mi sono sempre ben guardata dal  fare terrorismo con mia figlia  per non rovinarle la sorpresa ma anche perché, in fondo, sono un' eco - ottimista e le pre -annunciate eco - tragedie apocalittiche rinvenibili nelle terzine di Nostradamus sono smitizzabili: per cui, a mio avviso, le eco bufale continuano ad essere casearie quadrupedi che ruminano erba incontaminata, in un ambiente naturale attraversato da un fiume che modella un paesaggio collinare idilliaco.
Ritornando alle uova pasquali ed al loro imballaggio, inquinano non c'è che dire; per quanto tu voglia differenziare il bicchierino e l'uovo che custodisce la preziosa sorpresa nella plastica, il rivestimento di cartone nella carta e l'involucro luccicante nel bidone del....a proposito alzi la mano chi non si sia mai chiesto: dove c.... va? Io l'ho visto un po ovunque ed un po mi dispiace che ancora non riesca a trovare una sua collocazione nella società. C'è chi lo mette nella carta, chi nella plastica.

In realtà si tratta di un poliaccoppiato con uno strato plastico di polipropilene che non è neppure riciclabile, per cui sarebbe un errore metterlo nella raccolta differenziata insieme ai fogli di alluminio che si usano in cucina.
Secondo una rilevazione di Confartigianato del 2008, nei giorni che precedono la Pasqua sono stati venduti circa 48.000 quintali di uova di cioccolato: considerando una media di 500  grammi per uovo si arriva a 9 milioni e 600 mila uova di pasqua vendute. Il poliaccoppiato che avvolge il dolciume pesa 30 grammi al metroquadro. Stimando per difetto in un metroquadro la carta necessaria per imballare un uovo da 500g, ne risultano 288.000 kg di poliaccoppiato non riciclabile (e quindi destinato all'incenerimento) prodotto ed immesso sul mercato. 

Sembra quindi che l'unico agnello sacrificale pasquale sia proprio l'ambiente.

Per non parlare della sorpresa: spesse volte è un gadget inutile, rindondante, fortemente impattante e di scarsa qualità, la cui probabilità di finire nel dimenticatoio/discarica dei nostri figli, è altissima.


Stamattina (a proposito, Buona Domenica delle Palme) mia figlia apre il suo primo uovo di Pasqua della stagione. E' l'uovo delle principesse Disney, in vendita nella grande distribuzione, a marchio Nestlè. E' un uovo standard altamente inquinante, quindi: foglio di poliaccoppiato, bicchierino e custodia per la sorpresa. Tuttavia mi colpisce sulla fascetta di cartone una minuscola scritta (ma perché così piccolo, avete paura di dare eco - consigli?) ecoidee


Ed in effetti la grande trovata eco - geniale di Nestlè è stata quella di stampare sul retro della fascetta di cartone una sagoma di Biancaneve da ritagliare e colorare per dare una nuova chance alla fascetta, prima di finire, nella raccolta differenziata. 

Una chance di rimanere in vita altri dieci minuti: giusto il tempo di scrivere testamento? No, il tempo medio che impiega un bambino per colorare e ritagliare. Ma intanto la fascetta di cartone si presenta già in uno stato avanzato di rigor mortis.

Premesso che l'iniziativa è lodevole, seppur timida, è anche vero che da una multinazionale ci si aspetta di più in materia di tutela ambientale, ma come cantavano Morandi, Ruggieri e Tozzi, si può dare di più per il nostro ambiente, si può osare di più senza essere eroi; quindi lungi dal fregiare la Nestlè della medaglia d'oro al valor ambientale, prospettiamo e suggeriamo per la Pasqua ventura scenari di sostenibilità certamente più favorevoli ed incisivi.
Un'altra riflessione che mi sovviene, invece, è che, da sempre, sono fermamente convinta che il grosso potenziale per fare della variabile ambientale un' arma di competizione sul mercato, ce l'hanno le piccole e medie imprese. Marchi meno noti a livello globale, ma che spesso sono una felice nicchia di mercato in contesti locali e regionali, possono farsi promotori di vere e proprie strategie ambientali, forse proprio grazie alla loro capacità di percepire le variabili, di interagire con l'ambiente esterno, adattandosi in funzione delle sue domande.

In tema, è il caso dell'azienda Giampaoli di Ancona,  un'azienda specializzata nella produzione di biscotteria, panettoni, torroni, uova pasquali, colombe e gelati che lancia sul mercato  il primo uovo di Pasqua ecologico e biologico insieme.

“L’attenzione dei consumatori verso la sostenibilità ambientale è sempre più accentuata – spiega Giampaolo Giampaoli, titolare dell’omonima azienda -, sia per quanto riguarda la provenienza del cibo che viene messo in tavola, sia per quanto riguarda lo smaltimento e il riciclo delle confezioni. Perciò abbiamo inventato un uovo sostenibile al 100%. Prima abbiamo selezionato la cioccolata certificata biologica. La pasta di cacao, lo zucchero di canna e il burro di cacao di cui è composta sono tutti e tre certificati biologici al 100%. Tutto il resto, gli incarti, le etichette, le sorprese contenute all’ interno, i sostegni delle uova e gli imballi esterni per il trasporto, sono totalmente ecologici e riciclabili. Abbiamo voluto dare un piccolo segnale in tal senso e contribuire anche noi, per quanto possiamo, alla salvaguardia del pianeta”.



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